Marsiglia, lo spirito ribelle della Francia

Una città dissoluta, dal caldo fascino mediterraneo e in eterno conflitto con l’altezzosa Parigi. Breve visita al porto d’Africa, avvezzo agli intrecci culturali, dove il cosmopolitismo non fa paura.

“Marsiglia è la Napoli di Francia”. Sono arrivata nel capoluogo provenzale con questo luogo comune in testa e me ne vado con un altro: “Napoli è la Marsiglia di Italia”, che è quello che poi pensano i francesi. E indubbiamente le due metropoli qualcosa in comune ce l’hanno: sono entrambe città difficili, inafferrabili, trascurate e abitate da persone orgogliose. Caratteristiche che raramente lasciano indifferenti.

Marsiglia fu fondata dai focesi, provenienti dall’Asia Minore, intorno al 600 a.C., che ribattezzarono questo angolo di mediterraneo circondato da bassi speroni rocciosi, Massalia. Marsiglia 1La Massalia di oggi è una città affascinante, sporca e informale dove il Maestrale soffiando sulla stretta darsena del Porto Vecchio fa tintinnare gli alberi delle barche a vela. Marsiglia nel corso della sua storia è anche diventata la porta d’Africa, il luogo dal quale salpavano le navi alla volta delle colonie africane. Da qui i francesi partivano alla conquista dell’Algeria, paese con il quale questa metropoli mediterranea è rimasta fortemente legata. In un primo momento, infatti, ho l’impressione che in città si vedano più nordafricani che europei, percezione, che scopro, hanno anche i miei amici che a Marsiglia ci vivono. Non a caso la Legione Straniera, che fu fondata nel marzo del 1831 a supporto della Guerra di Algeria, ha proprio a Marsiglia e nel sud della Francia importanti caserme.

La città è spesso un luogo di transito, tappa per famiglie di migranti provenienti dall’Africa, elemento che le dà un’aria meno prospera, se paragonata alla raffinata Parigi, la sua grande rivale. Insofferente al potere centrale della capitale, Marsiglia è una città orgogliosa, testarda e contraddittoria. “Se a Parigi dicono ‘bianco’, i marsigliesi rispondono ‘nero’. E se allora Parigi accetta di optare per il ‘nero’, Marsiglia risponderà ‘bianco’”. Così riassume un mio amico francese la conflittualità tra le due città. Mentre beviamo birra a “Au Petit Nice” di La Plaine, luogo popolare di ritrovo della gioventù marsigliese, mi diverto a chiedere ai miei amici francesi da che parte stanno: meglio Parigi o Marsiglia? Alcuni scherzando, mi dicono che non si vogliono esporre per non mettersi nei guai, altri rispondono istintivamente Parigi per poi correggersi subito e specificare che Marsiglia è una città stupenda, dove la vivibilità è di gran lunga superiore a quella della capitale.DSC_0072p Anche sulla birra, mi fanno notare, le due città sono agli antipodi. Quella di Marsiglia si chiama La Cagole, parola marsigliese che indica una donna appariscente, dall’attitudine volgare e provocante. Sull’etichetta, infatti, fa bella mostra la caricatura di una ragazza conturbante fasciata in un rosso abito succinto che serve birra sullo sfondo di una baia. La Parisienne è invece la birra parigina che ha come icona una donna dai lineamenti fini che, capelli al vento, cavalca una bicicletta sfrecciando davanti alla Tour Eiffel.

Tanta rivalità è dovuta alla storica indipendenza di Marsiglia che, in questo paese molto unito, è un po’ un luogo a sé. Rimasta indipendente fino al XV secolo fu infine annessa alla Francia nel 1481 come città regia, godendo di ampie libertà. Abituata ad essere autonoma, non sopportò mai di buon grado le pretese di Parigi che la voleva totalmente assoggettata e intraprese una serie di lotte per rimanere il più possibile svincolata dal potere centrale. Il re arrivò a ritenere necessario puntare le postazioni dei cannoni di Marsiglia non verso il mare, in difesa di eventuali invasioni, ma sulla città stessa, contro i suoi abitanti da sempre troppo ribelli, ma che furono costretti infine a capitolare sotto Luigi XIV. A Marsiglia però è rimasto il suo orgoglio, quello spirito anarchico che ancora oggi la caratterizza e la oppone a Parigi.

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A differenza della capitale francese, Marsiglia è una città che cambia e si reinventa; la sua stessa locazione geografica ne fa un luogo aperto e in continuo divenire. In occasione della nomina a capitale della cultura del 2013 si è data un volto nuovo, ha tentato di scrollarsi di dosso la reputazione di metropoli malfamata e si è presentata con il suo vestito migliore. La trasformazione urbanistica era iniziata già anni addietro con la riqualificazione di alcune aree della città. Tra questi Les Docks Village di la Juliette, i vecchi magazzini in cui venivano stipate le merci in attesa di prendere il via verso il resto del paese. È un luogo dal fascino industriale riportato a nuova vita, dopo il lento disgregarsi dello sviluppo mercantile introdotto dalla rivoluzione industriale dell’inizio del secolo scorso. L’opera di riscatto di questo enorme complesso, che rischiava di finire nel dimenticatoio, fu opera di Christian Pellerin, alla guida della società immobiliare Sari, che nel 1991 lo acquistò e iniziò i lavori di ristrutturazione. Oggi Les Docks è un susseguirsi di locali, ristoranti, boutique stravaganti e spazi espositivi.

Tra le recenti opere architettoniche della città spicca il MuCem, il Museo delle Civiltà dell’Europa e del Mediterraneo, situato di fronte al forte Saint Jean, sul mare, oltre il Porto Vecchio. Progettato dall’architetto Rudy Ricciotti e inaugurato nel 2013, si presenta come un enorme cubo di vetro che riflette il Mediterraneo, tema a cui è dedicato, e ricoperto su due lati da un frangisole che ricorda delle alghe.

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Questa facciata tirata a lustro, preparata in occasione di Marsiglia Capitale Europea della Cultura, nasconde però anche zone d’ombra di una città tutto sommato ancora un po’ turbolenta. Ogni persona a cui accennavo che sarei andata a Marsiglia mi metteva in guardia sulla pericolosità della città, che effettivamente gode di una pessima reputazione sul versante sicurezza. In passato celebre per la criminalità organizzata e lo spaccio di droga, Marsiglia è rimasta nell’immaginario collettivo come un posto poco raccomandabile. “Ma la mafia non è forte come un tempo. Il potere dei clan è stato in gran parte arrestato negli anni Ottanta. Rimane forte il traffico di droga e qualche volta può capitare una sparatoria in pieno centro” mi “rassicurano” i miei amici marsigliesi. Statistiche alla mano, negli ultimi quattro mesi le vittime di omicidi con arma da fuoco sono state otto e solo una settimana dopo la mia partenza un uomo è morto per alcuni colpi di fucile e un altro è stato accoltellato per strada.

Per fortuna, a me è andata bene e gli unici disagi che ho avuto sono stati legati al trasporto pubblico. Il giorno stesso in cui sono arrivata, Marsiglia era in sciopero e per le strade sfilavano i manifestanti contro la Loi Travail, la legge sul lavoro avanzata dalla ministra El Khomri, che va a intaccare quelli che sono i diritti minimi dei lavoratori.DSC_0094p Parlando della situazione dei mezzi pubblici della città scopro da Sebastien, ingegnere della RTM, la società del trasporto pubblico di Marsiglia, che uno dei problemi che affligge la ditta è l’evasione del pagamento dei biglietti. “Solo in pochi pagano i sevizi dei mezzi pubblici”, mi spiega, “arginare il problema non è facile come si potrebbe pensare. Abbiamo provato ad intensificare i controlli, ma non è servito a molto perché la gente finge di non avere i documenti e dà nomi fasulli”. Anche la collaborazione con ditte private di sicurezza ai tornelli della metropolitana, non ha portato grandi risultati. “Probabilmente l’evasione è dovuta al fatto che molti degli abitanti di Marsiglia sono migranti e non hanno una situazione economica rosea. Questo può spiegare il fenomeno, ma non può essere una giustificazione”.

Nel mio breve viaggio in questa metropoli, la seconda città in Francia per dimensioni, decido di addentrarmi un po’ anche nell’intrigante panorama culinario di una città portuale in cui il Mediterraneo, con i suoi prodotti, detta legge.

Il piatto più famoso di Marsiglia è la Bouillabaisse, pietanza a base di pesce che nasce come umile preparato composto dagli avanzi invenduti del pescato, ma che, come molte altre ricette di modeste origini, è diventata rinomata e viene cucinata da famosi chef. Qua la questione è presa abbastanza sul serio, tanto che alcuni ristoranti marsigliesi, stufi di veder sminuita la bouillabaisse in una versione turistica di scarsa qualità, si sono presi la briga di sottoscrivere la Charte de la Bouillabaisse Marseille, un documento che ha lo scopo di garantire gli ingredienti e la preparazione del piatto. Insomma, se volete essere sicuri di mangiare una “bouillabaisse certificata”, dovrete recarvi in uno dei ristoranti firmatari del documento, tra i quali figura il Miramar, facile da trovare: situato proprio sulle banchine del versante nord del Porto Vecchio. Se invece siete più prosaici e non avete intenzione di sborsare troppi soldi, ci sono due ottime alternative in città in cui mangiare pesce. Una è La boite a sardine (2 Boulevard de la Liberation angolo con Boulevard Canebière; 11-15). In questo minuscolo ristorante informale, frequentato da clienti abituali, sembra di stare in una barca. È decorato con un’infinità di colorate scatolette di sardine di tutti i tipi che fanno eco al nome del ristorante, mentre l’illuminazione è data da lampadine che pendono dal soffitto, appese alle cime tradizionalmente usate per ormeggiare le barche. Ci si siede attorno a tavoli di legno grezzo su salvagenti arancioni che, poggiati sulle sedie, fanno da cuscini. Se siete soli e non avete prenotato è probabile che mangerete su originali sgabelli, al bancone da cui si vede la cucina. Ma non fate come me, che senza saperlo, mi sono seduta sul menù. DSC_0189pIn effetti non vi verrà consegnata alcuna carta per scegliere cosa mangiare: in questo posto il menù è scritto su un parallelepipedo di lavagna poggiato in terra che alla bisogna viene afferrato e declamato a gran voce da Fabien, il proprietario dall’aria simpatica e dall’incredibile somiglianza con Vincent Cassel. Il pesce è freschissimo e, per gli amanti del crudo, si servono anche ostriche e ricci di mare.

Altro posto interessante è Sard’in (32 Rue de la Coutellerie; 10-22:30). Questo ristorante moderno dall’atmosfera da wine bar, si trova veramente a due passi dal Porto Vecchio. Luogo piacevole per l’aperitivo, la sera Sard’in si dà alle tapas, in cui regnano ingredienti mediterranei quali pesce, prezioso olio di oliva e aromatiche erbe provenzali, uniti con tocco sapiente.

Decido di finire la mia gita in città a Le Panier, il quartiere popolare acciottolato sul promontorio di fronte a Notre Dame de la Garde. Il rione è tutto un intricato sali e scendi di vicoli in cui le pareti dei palazzi, dipinti con colori caldi, sono ricoperti di murales che non nascondono un certo talento e lo spirito esuberante del quartiere, il più antico di Marsiglia. È su questa collina infatti, una volta conosciuta come “cala dei focesi”, che i primi coloni greci tenevano l’agorà, il mercato. Mi perdo tra le stradine della vecchia Marsiglia e non posso non notare che in questo pezzo di città battuto dal Maestrale, si respira un’aria da villaggio. Un villaggio abitato da un incredibile mosaico di etnie e culture: gli immigrati di questa caotica città sulla Costa Azzurra costituiscono più della metà della popolazione.

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